Il nome “astragalo” potrebbe sembrare molto curioso, ma in realtà indica un osso di grande importanza e semplice da individuare: si tratta della struttura ossea che connette la gamba al piede e che forma l’articolazione della caviglia, con la tibia ed il perone.
Se l’astragalo è in buone condizioni il corpo sarà in perfetto equilibrio e la postura ed il cammino risulteranno corrette. Nel caso di una frattura mal curata però le conseguenze potrebbero essere decisamente negative, per questa ragione sia l’intervento chirurgico sia la successiva convalescenza e riabilitazione devono essere seguite con la massima cura.
Fra le fratture che colpiscono questo osso, il 50% di esse riguarda una parte precisa: il collo dell’astragalo. Si tratta di infortuni che avvengono quasi sempre in seguito a cadute od incidenti stradali e possono quindi riguardare tutti: sia coloro che per lavoro percorrono lunghe distanze in auto, sia gli sportivi sia i bambini o gli anziani. Le fratture esposte sono molto frequenti (oltre il 40% dei casi) e le persone più colpite sono i maschi sotto i 30 anni di età. Una lesione all’astragalo curata male può provocare conseguenze notevoli quali infezioni, artrosi, necrosi avascolare e mancata consolidazione ossea.
I vari tipi di frattura dell’astragalo
Esistono numerosi modi per classificare le fratture dell’astragalo: il criterio patogenetico, il morfologico, l’anatomico ed il misto. Tuttavia quello più usato dagli specialisti è il criterio anatomico, che suddivide le fratture in base alla loro posizione: testa, collo e corpo dell’astragalo.
Fra le varie classificazioni si preferisce adoperare quella di Hawkins, con significato specificatamente prognostico.
Secondo questa classificazione le fratture sono divise in 3 tipi:
Fratture tipo 1: si tratta di fratture composte, in cui la possibilità di una necrosi avascolare arriva al 10% delle possibilità in quanto la vascolarizzazione dei rami arteriosi nel collo dell’astragalo è interrotta. Si tratta di fratture molto difficoltose da individuare con un normale radiogramma.
Fratture di tipo 2: sono fratture più gravi, scomposte e con lussazione o sublussazione della sottoastragalica. Compare anche una rottura dei vasi del collo dell’astragalo. La frequenza di necrosi avascolare è superiore a quella del tipo 1, arrivando anche al 30% dei casi.
Fratture di tipo 3: a questa categoria appartengono le fratture del collo a cui si unisce la lussazione o sublussazione del corpo dell’astragalo, della tibiotarsica e della sottoastragalica.
La migliore terapia per queste fratture
La terapia per le fratture dell’astragalo si differenzia fra quelle composte (più semplice) e quelle scomposte (decisamente più invasiva). Per le fratture composte si seguirà un trattamento conservativo tramite un gambaletto, che andrà indossato per circa un mese e mezzo. Ovviamente sarà necessario seguire il recupero fisico con una serie di radiografie di controllo.
Nel caso di fratture scomposte bisognerà innanzitutto ridurre la frattura e mantenere i frammenti ossei in sede tramite una fissazione interna con l’uso di viti o fili di Kirschner (un gruppo di fili rigidi e sottili, detti anche K-wires, utilizzati per la prima volta con successo dal chirurgo Martin Kirschner, da cui hanno preso il nome).
La riabilitazione nella frattura dell’astragalo
Una volta rimosso il gesso od inseriti i fili di Kirschner, sarà necessario che il paziente si sottoponga ad una serie di esercizi fisioterapici. Essi potranno essere scelti in un centro di fisioterapia specializzato, dove dei fisioterapisti esperti sapranno selezionare quelli più adatti alle condizioni del paziente. Lo scopo è semplice: prevenire ogni tipo di rigidità articolare per recuperare pienamente sia il movimento articolare sia la potenza muscolare, oltre ovviamente alla piena coscienza propiocettiva del proprio corpo (ossia alla capacità di muoversi in modo armonioso nell’ambiente che ci circonda).
In questo senso la responsabilità del fisioterapista è altissima, in quanto oltre ad insegnare al paziente gli esercizi più adatti al recupero ed a seguire con attenzione lo stesso potrà anche affiancare alla classica fisioterapia delle tecniche avanzate come la laser terapia, la tecar terapia e la magnetoterapia per la produzione ossea.
La durata della fisioterapia nella frattura dell’astragalo non deve essere troppo breve, pena un recupero solo parziale della funzionalità articolare. Normalmente si prevede una terapia di almeno 5 mesi che dovrà essere eseguita in modo regolare ed attento.
”Snobbare” il recupero fisioterapico può costare davvero caro: la caviglia rimarrà rigida e potrebbe addirittura comparire un’artrosi dolorosa oltre che una temibile osteonecrosi dell’astragalo provocata dalla mancanza di afflusso sanguigno nell’osso stesso.
Confidate nel vostro fisioterapista quindi: saprà seguirvi con cura ed attenzione per donarvi un recupero completo e soddisfacente!